Don Luigi Cei, salesiano di un cuore grande e generoso, deceduto il 20 giugno 2019, Roma: Lettera mortuaria

VISITORIAL “MARIA ASSENTO DA SABEDORIA”
Universidade Pontifícia Salesiana, Comunidade de São Francisco de Sales
Piazza dell’Ateneo Salesiano, 100139 ROMA

 

“Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio”
(Mt 5, 3.5.8.9)

 

 

 

 

Carissimi confratelli, consorelle, membri della Famiglia Salesiana, amici tutti, il 20 giugno u.s., giorno della festa della Madonna Consolata, patrona di Torino, e vigilia della memoria di S. Luigi Gonzaga, il Signore ha chiamato al banchetto celeste il nostro confratello

DON LUIGI CEI 

di anni 74

Il Signore della vita lo accolga fra le sue braccia.

Era ricoverato da un anno nell’infermeria della Pontificia Università Salesiana di Roma ed era stato sottoposto ad un’operazione chirurgica presso il Policlinico Gemelli. Invano. Il male incurabile aveva purtroppo già fatto parte del suo corso ed a nulla sono valsi undici mesi di terapie da parte dei sanitari dello stesso Policlinico e della casa di cura e di assistenza familiare S. Francesco Caracciolo. Per tutta la dolorosa degenza nell’infermeria dell’UPS don Luigi ha potuto godere assiduamente dell’assistenza amorevole e della competenza professionale delle suore “Figlie dei Sacri Cuore di Gesù e Maria”, cui va tutta la nostra riconoscenza.

La vita di don Luigi è stata tutto un generoso accogliere l’invito del Padre celeste a mettersi alla sequela del Figlio Gesù sulle orme di don Bosco.

Difatti, nato nella città del nostro santo fondatore il 13 ottobre 1944, figlio unico di padre piemontese e di mamma friulana, già bambino in famiglia “giocava a celebrare messa”; appena fanciullo frequentò la scuola salesiana di Torino Borgo S. Paolo dalla classe quinta elementare alla terza media; adolescente entrò nell’aspirantato di Chieri (19591961) per compiere gli studi ginnasiali.

Raccontò lui stesso sul Bollettino Salesiano del dicembre 2014: “Ero allievo dell’Istituto Salesiano San Paolo di Torino dove i salesiani ci formavano con molto impegno sia nell’ambito scolastico, sia nel senso del dovere e nella pratica religiosa. Durante questo periodo sentivo che il Signore mi stava facendo un bellissimo dono: quello di chiamarmi alla vita religiosa e sacerdotale… ne dico grazie a Dio ancora oggi. Fu molto doloroso il distacco dai miei genitori, specialmente per la mia mamma, essendo io figlio unico”.

Il periodo di formazione e del primo apostolato (1962-1978)

Don Luigi ha vissuto due distinte fasi della vita salesiana: la prima, quella della formazione iniziale, trascorsa da giovane in mezzo ai giovani. Furono gli anni del noviziato a Pinerolo (1962-1963), dello studentato filosofico a Foglizzo Canavese (1963-1966), del tirocinio pratico a Chieri e Madonna dei Boschi di Peveragno (1966-1969) e dello studentato teologico a Torino-Crocetta (1969-1973). Qui ricevette tutti gli Ordini, prima dell’ordinazione sacerdotale a Peveragno il 19 giugno 1973. Trascorse quindi cinque anni nella casa di Chieri (1973-1978) come catechista, insegnante di materie letterarie e cappellano delle suore Benedettine.

In tutto il quindicennio formativo don Luigi ha costantemente manifestato un’incredibile delicatezza di animo e gentilezza di tratto. In lui erano innate la dolcezza, la tenerezza, la cortesia dei modi, il rispetto e l’accoglienza amorevole di qualunque persona lo avvicinasse. Al riguardo, con una dose di presunzione, lo si potrebbe forse definire un unicum in Congregazione.

In effetti in occasione della prima professione religiosa (16 agosto 1963), mentre gli si riconosceva una spiccata bontà, lo si invitava, forse paradossalmente, a correggere la “tendenza alla bonomia”. Agli educatori dell’epoca la sua visibile mitezza d’animo, l’affabilità e la semplicità nel tratto sembrò eccessiva.

Sei anni dopo il giudizio di ammissione alla sua professione perpetua (6 agosto 1969) ribadiva testualmente: “La sua pazienza, bontà e generosità hanno dell’eccezionale”. Sempre molto positivo il giudizio in occasione del suddiaconato: “socievole, riflessivo, di equilibrio, un po’ timido, ma inserito e sempre più sicuro di sé, molto impegnato; spirito religioso: ottimo nella pietà e osservanza e impegno; spirito apostolico: generoso e zelante nel prestarsi”.

Per il periodo di tirocinio il suo compagno di studi ed amico carissimo, don Luigi Compagnoni, ha rilasciato questa testimonianza: “Ricordo soprattutto la bontà di don Cei, che si manifestava nel tratto, nel sorriso, nel saluto e nel servizio al prossimo. Era felice quando poteva rendere un favore al prossimo. Se gli veniva chiesto qualcosa non si dava pace finché non riusciva a soddisfare la richiesta ricevuta. Si può dire, con sincerità, che da don Cei nessuno si è mai sentito dire un “no”. Nell’anno scolastico 1968-1969, a Peveragno, fu maestro della quinta elementare. A quei ragazzini convittori, quindi lontano dalla famiglia e, a volte, nostalgici, dedicò tutto se stesso. Non trasmetteva solo nozioni scolastiche, ma badava anche alla loro formazione umana e cristiana con un linguaggio adatto a loro e con la presenza continua tra di loro”.
Durante gli anni della teologia, a detta dei compagni, si impegnò molto nello studio ed avvicinandosi il tempo dell’ordinazione sacerdotale manifestava apertamente la sua gioia. Ebbe il privilegio di essere il primo del suo corso ad essere ordinato sacerdote.

Da novello sacerdote e “catechista” in mezzo ai giovani studenti di Chieri ogni giorno curava mirabilmente la celebrazione liturgica ed i momenti di preghiera; nell’estate faceva altrettanto per gli oratoriani e sempre con inappuntabile precisione, puntualità e cura. Tale grande amore per la preghiera liturgica lo avrebbe mantenuto per tutta la vita.

Nel quinquennio sacerdotale a Chieri come insegnante di scuola media non gli mancarono difficoltà. Ne sottolinea una il confratello Giuliano Vettorato che gli era accanto: “Ciò che forse più lo ha fatto soffrire […] è stata la difficoltà di tenere la disciplina. Mai ha alzato la voce, tantomeno le mani, per farsi obbedire da un allievo. Ha sempre cercato di convincerlo, di persuaderlo con le buone, di conquistarlo con la bontà, con la gentilezza. Era più attento soprattutto a quelli che più lo facevano soffrire per indisciplina e scorrettezza. Con loro moltiplicava le attenzioni e i gesti di gentilezza e bontà. Ecco, la bontà era la sua virtù fondamentale: in questo era insuperabile! Se poteva farti un favore, si faceva in quattro per accontentarti… Era felice di aiutarti, di venirti incontro… tant’è che a volte bisognava stare attenti a chiedergli un favore perché lui non riusciva dire di no a nessuno”.

A Torino (1978-1993)

Alla casa madre di Torino-Valdocco come segretario dell’allora ispettoria subalpina e del comitato CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) ebbe modo di conoscere a fondo le case salesiane del Piemonte, di apprezzare e di farsi apprezzare dai confratelli dell’ispettoria e dai membri della Famiglia Salesiana. Sempre estremamente discreto e delicato con tutti ha svolto il suo compito in modo inappuntabile.

Testimonia don Luigi Testa, che ha condiviso con lui undici anni di vita salesiana – quattro anni a Chieri (1974-1978) come suo direttore e sette anni a Torino Valdocco (1981-1988) come suo ispettore dell’Ispettoria Subalpina – “I ricordi di quegli anni di don Luigino, come lo chiamavamo, sono tanti e belli, segnati da un rapporto di intesa collaborativa, spontanea e immediata, e da una comunione fraterna di ideali, di progetti e di iniziative molto sentita e partecipata. Erano tempi di grandi eventi: il Progetto Africa, l’approvazione definitiva delle Costituzioni, la preparazione al centenario della morte di don Bosco… C’erano entusiasmo e fervore nei confratelli. Don Luigino dall’osservatorio ispettoriale seguiva il tutto con attenzione, con puntualità, con un forte senso del dovere, favorito dal suo carattere dolce e umile, da una bontà diffusa e paziente che gli attirava la simpatia e la stima di tutti. Sempre disponibile metteva a servizio della comunità i suoi talenti: amava il canto, la musica, suonava la batteria, animava gli incontri comuni. Nel ministero sacerdotale era zelante ed era apprezzato per il suo stile”.

Per tre anni don Luigi è stato assistente del Gruppo Torino 1 delle “Volontarie di Don Bosco” che oggi lo ricordano così: “Guidava gli incontri con serietà lasciandoci una traccia scritta delle meditazioni con applicazioni pratiche alla nostra vita. Aveva attenzione verso tutte le sorelle e in modo particolare verso le anziane ed ammalate e accettava volentieri di andare a trovarle e celebrare la S. Messa. Anche l’impegno verso le Aspiranti è stato portato avanti con profitto. A volte animava le celebrazioni liturgiche importanti con un coretto in Basilica e la sua bella voce… Sempre con il sorriso sul volto che denotava la serenità d’animo. È stato per noi un fratello… l’ho sempre accostato alla figura di San Luigi, non solo per la somiglianza del nome, ma soprattutto per la sua figura spirituale e morale”.

A Roma (1993-2019)

Già collaboratore saltuario del consigliere regionale per l’Italia don Luigi Bosoni, nel 1993 don Luigi fu trasferito a Roma come collaboratore e successivamente direttore dell’Archivio Salesiano Centrale di Roma (ASC), ubicato nella Casa generalizia di via della Pisana fino al 2017, e poi trasferito presso l’UPS di Piazza dell’Ateneo Salesiano. Vi avrebbe lavorato con assiduità per 26 anni, fino alla malattia che l’avrebbe portato alla morte.

E così, non ancora cinquantenne, accolse con gioia e riconoscenza al Signore la richiesta del Rettor Maggiore don Egidio Viganò di dedicare l’ultimo tratto della sua vita all’umile ma importante compito di archivista dell’ASC: un impegno che, svolto seriamente, non ammette facili interruzioni; un lavoro quotidiano semi invisibile, che don Luigi ha amato come autentico servizio alla Congregazione e alla Chiesa. Si trattava di gestire il governo ordinario del grande archivio salesiano, di organizzare il lavoro del personale, di dare facoltà agli studiosi di accedere ai documenti per le loro ricerche, studi e tesi, di tenere le chiavi dell’archivio stesso e di fare sì che ne fosse osservato il regolamento.

Per oltre 25 anni per sei giorni alla settimana don Luigi ha vissuto all’insegna di otto-nove ore di lavoro, curvo (anzi troppo curvo), nel nascondimento, nel silenzio, davanti al computer e alle spesso polverose cartelle archivistiche da decifrare, capire, sintetizzare, schedare, collocare. La sua vita, salvo l’annuale settimana di Esercizi Spirituali ed una breve visita in famiglia o in una casa salesiana, fu l’ASC, che guidò con la tranquillità propria di una sede di studio e del suo stesso riservatissimo carattere. I numerosissimi visitatori dell’ASC (dai nuovi ispettori salesiani ai gruppi dei nuovi missionari, dagli studenti salesiani di Roma ai vari gruppi della Famiglia Salesiana, da responsabili di archivi religiosi a laici di altre istituzioni…) hanno potuto conoscere egregiamente da lui la storia, la consistenza, la ricchezza, l’organizzazione delle decine di migliaia di carte archiviate – don Luigi le conosceva potremmo quasi dire una per una – ma hanno soprattutto percepito come egli amasse quei manoscritti, come li prendesse in mano con estrema delicatezza, quasi fossero autentiche reliquie di don Bosco, di don Rua, di migliaia di altri confratelli.
Ce lo ricordano le decine di email ricevute da tutto il mondo in occasione della sua scomparsa. Dall’estremo Oriente il Consigliere regionale don Váklav Klement ha scritto: “His smiling face is known to many EAO Salesians. Glad to be in direct contact with some of the most precious relics of Salesian history, Fr Cei always happily showed the scholars and visitors to the Salesian Central Archives the findings he took care of, such as autographed letters of Don Bosco or the most significant documents of the history of the Society of Saint Francis of Sales”. Singoli confratelli hanno aggiunto: “Thanks, Fr. Luigi, for your affection, your friendliness, your goodness and your delicate way of dealing with the archive visitors… Thanks for all your hard, silent and sacrificed work!… Always competent and discreet, faithful in his Central Archive duties… The meekness, goodness and generosity of Fr. Luigi did so good to many people!… Thanks for your paternity and life witness, for your availability and smile! True gentleman and scholar!… Fond memories of your meekness and gentleness… am sure you are now among the Blessed!”.

Per l’America Latina basti la testimonianza del direttore del Centro Salesiano di Formazione di Quito, p. Luis Timossi: “Su acogida siempre cordial y humilde; su modo de hablarnos en italiano de modo que todos (de habla hispana) comprendiéramos; su manera de mostrarnos con tanta delicadeza y veneración cada uno de los escritos originales de nuestro padre don Bosco… que pareciera se hubiese identificado con la fragilidad y transparencia de esos venerados documentos, siempre nos sorprendió positivamente y nos dejó una huella de amor a don Bosco y a la Congregación. Queremos dar gracias a Dios por este hermano, que desde un servicio quizás escondido, supo vivir el carisma de la bondad y de la acogida”.

Sempre padrone di se stesso, don Luigi non ha mai abusato del suo ruolo; anziché imporre le proprie idee o interessi a danno di altri, si è messo umilmente a loro disposizione. Anche di questo sono testimoni centinaia di studiosi, ecclesiastici e laici, che hanno frequentato pure per una sola volta l’ASC e che in don Luigi hanno trovato una cordialissima accoglienza, dote normalmente piuttosto rara in ambienti simili. Lo afferma con sicurezza il professore Mauro Forno di Torino nel suo messaggio di condoglianze: “Devo sinceramente confidarle – e, mi creda, non sono una persona particolarmente avvezza agli elogi di circostanza – che, in quasi trent’anni di frequentazioni di archivi e istituti culturali, mai mi era capitato di incontrare una persona mite, sensibile e disponibile come don Luigi. Io sono certo che riuscirete a sostituirlo degnamente nella sua carica di direttore dell’Archivio centrale salesiano, ma so già che le sue doti – non solo culturali e scientifiche, ma soprattutto umane – mi mancheranno enormemente”. Lo confermano il prof. Ilario Tolomio di Torino “non solo sentinella vigile, ma anche lavoratore indefesso… Mite, mitissimo”, la prof.ssa Maria Andrea Nicoletti da Bariloche (Argentina) e tanti altri ricercatori.

Particolarmente significativa la testimonianza delle sue collaboratrici, Carla Riccioni, Maria Teresa Cascione: “Di don Luigi ricorderemo la gentilezza e la pazienza con cui ha sempre accolto nell’ASC religiosi, religiose e ricercatori, la disponibilità come compagno di lavoro e successivamente come direttore, il profondo affetto paterno che ha sempre rivolto verso di noi, la grande umiltà con cui ha sempre svolto i suoi doveri sia religiosi sia professionali e l’assoluto rispetto verso gli altri. Lo stesso amore per Maria Ausiliatrice e don Bosco e la sua profonda fede gli hanno permesso di vivere serenamente la sua lunga e dolorosa malattia, conservando fino all’ultimo momento il suo dolce e caratteristico sorriso che tutti coloro che lo hanno conosciuto porteranno certamente nel cuore, così come noi, che di lui conserveremo il ricordo di una lunga e serena vita lavorativa e di tanti bei momenti vissuti insieme come una vera famiglia”.

Anche come custode delle “memorie salesiane”, a don Luigi non sono mancate le spine. Dovette infatti affrontare le brusche conseguenze di due ricollocazioni impegnative: negli anni novanta il trasferimento di tutto il materiale documentario nell’ampio, bellissimo e rinnovato spazio destinato alla nuova sede dell’archivio, ma con la conseguente e complessa opera di informatizzazione di tutto il patrimonio documentario; poi nel 2017 il nuovo trasferimento dell’intero archivio nel campus dell’UPS. Provvide personalmente con le sue collaboratrici alle delicatissime operazioni di trasporto di documenti unici, irripetibili, nell’intento che nessuno di essi andasse smarrito o collocato fuori posto. La rapidissima messa in atto di tale ultimo processo è stato un vero calvario fisico e morale per chi, come lui, sentiva fortissima la responsabilità di custodire integro il tesoro affidatogli, un tesoro che, come aveva detto il santo Papa Paolo VI a proposito di archivi ecclesiastici, conserva nientemeno che la traccia del passaggio di Cristo nella storia dell’umanità.

Non ebbe tempo per riprendersi dalla fatica della nuova collocazione delle migliaia di faldoni dell’ASC e della sistemazione dei relativi uffici nell’edificio della “Biblioteca don Bosco dell’UPS”. Pochi mesi dopo cadde ammalato e dovette lasciare immediatamente, per non più ritornare, l’amato posto di lavoro.

L’uomo delle beatitudini

Le testimonianze pervenute in occasione del suo decesso sottolineano gli stessi tratti della persona di don Luigi: “È vero che dobbiamo un grande ringraziamento a lui, per la sua gentilezza, per il suo positivo contributo sempre alla vita della congregazione, già a Torino e dopo a Roma“ (mons. Luk van Looy, vescovo di Gent, Belgio, già vicario del Rettor Maggiore); “uomo mite e servizievole. L’ho sempre ammirato per il suo tratto gentile e rispettoso” (mons. Mario Toso, vescovo di Faenza); “Egli era discreto, ma sereno, disponibile e laborioso. Era un confratello che non si faceva notare, ma di cui ci si accorgeva della mancanza quando era assente: era una presenza fraterna (don Francesco Cereda vicario del Rettor Maggiore); “un grande confratello, dedicato lavoratore, e uomo di preghiera, e amico gentile di tutti (don Maria Arokiam Kanaga, Consigliere Regionale per Asia Sud).

La disponibilità di don Luigi al servizio altrui fu effettivo anche nell’ambito comunitario. Era sempre pronto ad accompagnare in auto, correggere testi in italiano, preparare una cerimonia, insegnare un canto liturgico, inventare una stornellata allegra per un anniversario, sostituire un cappellano, redigere verbali di assemblee in cui per altro non osava, per timore di ferire, prendere la parola. Il suo “sì” ad ogni richiesta era totale e sincero; prima ancora che qualcuno gli potesse dire grazie, era lui stesso a ringraziare per avergli chiesto un favore. Come ha affermato con acutezza chi ha passato anni vicino a lui, don Luigi ha trascorso la vita a dire a tutti grazie.
Le sue giornate furono illuminate dalla purezza dello sguardo, del pensiero e del dire. Era morigeratissimo nell’esprimersi, delicato e controllato nei giudizi, insofferente di un linguaggio men che pudico. Al proposito testimonia ancora Giuliano Vettorato: “La sensibilità per la carità, la castità, la povertà e l’obbedienza era infinita. Non gli si poteva fare nessun appunto, nonostante le tante provocazioni dei confratelli… Un novello Domenico Savio”.

Ha vissuto una povertà che si direbbe di altri tempi, quella richiesta dall’articolo delle Costituzioni di don Bosco: “È pure parte di questo voto il tenere le camere nella massima semplicità, studiando di ornare il cuore di virtù e non la persona o le pareti di essa”. Vita molto austera in tutto quella di don Luigi, con la sola eccezione, da buon piemontese, di un buon bicchiere di vino.

Purezza, trasparenza, amabilità, verità, fedeltà assoluta ai voti, carità: tutte virtù che brillarono sull’orizzonte spirituale di don Luigi, pronto sempre a vedere il lato positivo delle persone, ad apprezzare i meriti e perdonare i difetti.

Con cognizione di causa si potrebbe dunque affermare che ha fatto proprio l’invito di San Paolo ai Filippesi (IV, 8) proclamato nella prima lettura dei suoi funerali: “Fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri”.

A fondamento dell’essere ed operare di don Luigi vi era la fede. Cresciuto in ambienti formativi di notevole spessore, questa si manifestava in molti modi e particolarmente nella vita di preghiera, nell’estrema discrezione, nella deliberata rinuncia alle dissipazioni mondane facilmente indotte dalla stampa, dalla TV e dai moderni mezzi di comunicazione di massa, di cui si serviva molto sporadicamente. Non volle mai avere a disposizione un cellulare. La sua assidua partecipazione alla preghiera della comunità era devota e convinta. Amava pregare e concelebrare quasi in disparte, in seconda fila, possibilmente dietro una colonna, seminascosto alle spalle degli altri, per quanto gli poteva permettere la sua alta statura. Quanto gli è costato il dover essere al centro o davanti a tutti come maestro di canto! Eppure, musicalmente dotato e sempre disponibile, era chiamato quasi ogni domenica e tutte le giornate speciali ad animare le celebrazioni liturgiche della comunità, anche se impegnato in giornata in qualche cappellania; altrettanto faceva nelle maggiori solennità, alla presenza della popolazione vicina che ne restava ammirato e ne conserva indelebili ricordi.

Per oltre un ventennio, in concreta attuazione del motto di don Bosco “Da mihi animas coetera tolle” don Luigi si è assunto l’impegno quasi quotidiano di cappellano presso le suore “Apostole della Sacra Famiglia” al quartiere EUR di Roma. La comunità lo ricorda “con tanto affetto come un buon padre e un buon fratello”.

Per molti anni fu anche apprezzato cappellano e confessore ordinario o straordinario presso varie comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (in particolare l’Auxilium, fino all’apparire della malattia). Prive di retorica sono le espressioni di condoglianze della Madre Generale delle FMA sr. Yvonne Reungoat: “Desidero esprimere le mie personali condoglianze, unita alle Sorelle del Consiglio generale, per il ritorno alla Casa del Padre del caro Don Luigi Cei. La nostra è una preghiera di lode al Signore per il dono della vita che egli ha saputo mettere a servizio della Congregazione svolgendo diversi incarichi con competenza, amore, saggezza e fedeltà”.

Molte domeniche pomeriggio, anziché al meritato riposo, le ha dedicate al ministero della riconciliazione presso comunità religiose che apprezzavano la profondità spirituale del suo ministero, la dolcezza del suo dire, la misericordia del Signore che sapeva trasmettere ai suoi penitenti. Non sono pochi i confratelli che nel corso di Esercizi Spirituali si accostavano a lui per la riconciliazione, tanto ispirava fiducia e comprensione: “Testimonio anch’io come tanti altri che hanno avuto la fortuna di entrare in contatto con don Luigi i tratti di questo confratello che reputo un «santo della porta accanto» per la sua umiltà, delicatezza e dolcezza. Ho avuto modo anche di confessarmi con lui e ho fatto esperienza della misericordia e della tenerezza di Dio. Il lavoro nascosto per la custodia delle memorie salesiane e la sua vita evangelica, semplice e lineare, sono l’eredità di futuro e di speranza per ciascuno di noi” (don Giuseppe Ruta, ispettore ISI e Tunisia).

A fronte di queste testimonianze e sulla base della nostra personale convivenza con lui non si può che concludere che don Luigi abbia vissuto in profondità le beatitudini evangeliche, particolarmente quelle che hanno costituito la chiave di lettura del suo profilo storico-spirituale tracciato durante l’omelia funebre e che sono poste da esergo di questa lettera.

Come Congregazione e come Famiglia Salesiana, mentre ringraziamo il Signore per il dono elargitoci della persona di don Luigi, facciamo nostro l’invito che lui stesso ci lasciato sulle pagine del succitato Bollettino Salesiano: “quello di avere sempre vivo il senso della gratitudine a Dio per la vocazione che Egli ha dato a ciascuno di noi e ritenendo la nostra persona come docile strumento nelle Sue mani per fare della nostra vita un vero dono”. Splendida sintesi di una vita salesiana e specchio della vita di don Luigi!

Lo suffraghiamo e lo affidiamo al Signore della misericordia. Chissà che in cielo non gli abbia preparato la vecchia batteria del complessino di don Machetta, tanto amata e suonata dal chierico e giovane sacerdote don Luigi, onde possa sempre dare sicurezza di ritmo ad un’allegra band del famoso giardino salesiano che canta e suona in eterno le lodi al Dio della vita e non della morte! Non possiamo saperlo. Quello che invece sappiamo è che molti salesiani sparsi nel mondo e noi stessi abbiamo conosciuto in don Luigi un “santo della porta accanto”.

Roma, 3 luglio 2019

Il direttore don Emiro Cepeda 
e la comunità di San Francesco di Sales (UPS)

Dati per il necrologio

Sac. Luigi CEI
Nato a Torino, Italia, il 13 ottobre 1944
Morto all’UPS, Roma, il 20 giugno 2019
a 74 anni di età, 55 di vita religiosa e 46 di sacerdozio