Convegno Alberto M. De Agostini: Don Bosco geografo

Alberto M. De Agostini, Don Bosco geografo  in “Bollettino Salesiano” LXXXIV (gennaio 1960) pp. 6-8

“I geografi si ingannano nel credere che la Cordigliera delle Ande sia come una specie di muro diritto. Non è così. Quelle lunghissime catene di alte montagne fanno molti seni e vallate di mille e più chilometri delle quali i geografi neppure sospettano l’esistenza”.

Così affermava con impressionante sicurezza Don Bosco il 4 settembre 1883 dinanzi ai salesiani riuniti in una seduta del Capitolo Generale raccontando un sogno, o meglio una visione soprannaturale, ch’egli aveva avuto, di tutta l’America Meridionale.

Svolgendo un nastro che gli aveva presentato un giovane di sovrumana bellezza, su cui erano segnati i gradi di latitudine, contemplò a volo d’uccello un immenso panorama di quel vasto continente, dalla città di Cartagena, nella Colombia, a dieci gradi di latitudine nord, fino al paesello di Ushuaya, nella Terra del Fuoco, a 55 gradi di latitudine sud.

“Vedevo, disse Don Bosco, nelle viscere delle montagne e nelle latebre delle pianure. Vedevo boschi, montagne, pianure, fiumi lunghissimi e maestosi che io non credevo così grandi, in regioni tanto distanti dalla foce. Avevo sotto gli occhi le ricchezze incomparabili di quei paesi, che un giorno verranno scoperte. Vedevo miniere numerose di metalli preziosi, cave inesauribili di carbon fossile, depositi immensi di petrolio, ferro, argento e oro. Ma quello che maggiormente mi sorprese fu il vedere in vari siti le Cordigliere che formavano vallate di cui i presenti geografi neppur sospettano l’esistenza”.

Effettivamente, fin verso la fine del secolo scorso, i geografi credevano che la Cordigliera delle Ande fosse una catena omogenea, la quale si estendesse da nord a sud, come un cordone unico per elevazione e corso, mentre invece, nella sua enorme lunghezza, presenta particolarità orografiche e fisionomiche così distinte, discontinuità così pronunziate da non potersi considerare come una unità geografica.

Se l’affermazione di Don Bosco fosse giunta ai geografi del Cile o dell’Argentina di quel tempo, avrebbe sollevato grande meraviglia e scalpore, poiché essi ignoravano affatto quanto asseriva Don Bosco; quelle due nazioni vennero, appunto per questo motivo, in litigio fra di loro quando si trattò di segnare i confini lungo la Cordigliera delle Ande.

Già fin dal 1881 era stato definito in termini generici fra il Cile e l’Argentina che la frontiera doveva seguire la linea delle acque (Divortium aquarum) delle Ande. Ma allorchè nel 1892 (nove anni dopo il sogno di Don Bosco), i periti eletti dalle due nazioni cercarono di fissare i confini sopra il terreno, nacquero le prime divergenze cagionate dalla complessa e differente configurazione della Cordigliera, la quale a sud del 33° parallelo non offre le medesime continuità d’altezza e coincidenza delle linee orografiche con quelle idrografiche, ma si trova interrotta da numerose valli trasversali percorse da fiumi che hanno opposte direzioni.

Le soluzioni che proponevano le due parti erano diametralmente opposte. 11 perito cileno voleva soprattutto che si tenesse conto della linea che divide le acque continentali, mentre quello argentino dichiarava che la frontiera doveva seguire le alte vette (Altas cumbres) della Cordigliera.

Per risolvere adeguatamente il conflitto era necessario conoscere la configurazione e la struttura della Cordigliera e delle sue valli, e per questo ‘ i rispettivi governi crearono d’ambo i lati delle Commissioni formate di ingegneri e geografi con l’incarico di effettuare levate topografiche di tutta la Cordigliera e valli adiacenti. Queste commissioni iniziarono i lavori nel 1894 con grande attività e mezzi e li condussero a termine nel 1900.

Le investigazioni compiute dalle Commissioni tecniche chiarirono il fatto che i termini del Trattato del 1881 erano inapplicabili alle condizioni geografiche del terreno, perché era impossibile conciliare le linee orografiche con quelle idrografiche. Infatti si venne a scoprire che la Cordigliera delle Ande si suddivideva in numerosi gruppi o nodi di montagne con direzioni e caratteri orografici distinti e che in alcune parti era sezionata trasversalmente da estese e profonde depressioni in forma di seni, fiordi e valli.

A conferma di quanto detto basta accennare al seno Baker, il più grande ed esteso dei fiordi patagonici, ch’io ebbi occasione di percorrere in tutta la sua lunghezza, nelle estati australi 1941-1942. Questo seno che con le sue estensioni continentali, profonde depressioni e conche lacustri, spezza per 480 chilometri la Cordigliera patagonica fra il 47° e il 48° parallelo di latitudine sud, venne a conoscenza del mondo soltanto nel 1899 (sedici anni dal sogno di Don Bosco), dopo i viaggi di esplorazione compiuti dall’esploratore e geografo Giovanni Steffen, membro della Commissione cilena dei confini.

In quegli anni il dibattito fra il Cile e l’Argentina per il Divortium aquarum e le Altas cumbres aveva eccitato a tal punto gli animi che dall’aspra polemica sui giornali si passò alla minaccia armata. Ma si venne alfine a buon consiglio e tutto terminò nel patto di maggio del 1902, allorché le due nazioni elessero come arbitro il Re d’Inghilterra, il quale fissò la linea di confine seguendo una via di mezzo fra le domande estreme.

L’interessamento che Don Bosco dimostrava allora per quelle lontane regioni era cagionato soltanto dall’ardente desiderio ch’egli aveva di portare la luce della fede ai popoli che vivevano ancora nella ignoranza delle verità religiose, e alla cui evangelizzazione pensava di inviare i suoi missionari.

Stimolato da questa ardente aspirazione della salvezza delle anime, intraprese lo studio di quelle lontane regioni e, illuminato soprannaturalmente dai sogni, aveva acquistato così vaste e precise cognizioni geografiche, da destare forte meraviglia in quelli che lo ascoltavano.

Fu precisamente in queste circostanze che Mons. Desgrands, Presidente della Società Geografica di Lione, mentre nell’aprile 1883 Don Bosco era di passaggio colà, udendolo descrivere la Patagonia con tanta sicurezza e con tanti particolari, non capiva più in sé dallo stupore e gli propose di ripetere le medesime cose ai membri della Società in una seduta successiva; e Don Bosco, nonostante la difficoltà che provava a esporre tali cose in francese, accettò e venne fissato per la conferenza il sabato 14 aprile.

Il nome del “venerabile taumaturgo” e la curiosità di sentire che cosa avrebbe detto intorno a una contrada ancora molto avvolta nel mistero, attrasse in gran numero soci e studiosi. Non fu una conferenza, disse la stampa, ma una causerie, una conversazione originale, amena, spiritosa, istruttiva; il suo fare a un tempo serio, fine e festevole diede alla tornata un’impronta simpaticissima. Avevano tutti dinanzi la carta geografica della Patagonia e Don Bosco descriveva minutamente fauna, flora, geologia, miniere, laghi, fiumi, abitanti con meraviglia degli ascoltatori, che ora abbassavano gli occhi sulla carta, ora li alzavano a guardare lui stupefatti. Finita che ebbe la sua esposizione, gli domandarono donde avesse attinto tante belle notizie; egli si limitò a rispondere che quanto aveva detto era verità.

Crediamo, aggiunge lo storico della Congregazione Salesiana Don Ceria, che la Società abbia voluto controllare le affermazioni di Don Bosco, poiché aspettò fino al 1886 per dar prova di essere nella convinzione che egli non aveva giocato di fantasia, e la prova fu decretargli e far coniare appositamente per lui una medaglia d’oro con la motivazione di aver egli ben meritato della Società Geografica.